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Crisi convulsive e stato epilettico nel cane e nel gatto

Crisi convulsive e stato epilettico nel cane e nel gatto

Le crisi convulsive sono un’ emergenza molto frequente nei nostri animali; si realizzano quando alcuni neuroni sviluppano una attività anomala a cui sono associate differenti manifestazioni cliniche, dipendenti dall’ estensione e dalla localizzazione dell’area cerebrale coinvolta.

Proprio per il fatto che possono essere interessate diverse aree del sistema nervoso centrale, e quindi manifestare sintomatologie differenti, è difficile descrivere univocamente tutte le crisi convulsive.

L’area del cervello dove si verifica l’attivazione di una popolazione di neuroni viene definito “focus epilettogeno”, l’attività anomala dell’area può generare manifestazioni cliniche differenti in funzione alla dimensione dell’area cerebrale colpita ed all’attività dei neuroni inibitori circostanti, questi ultimi bloccano il propagarsi della scarica elettrica ed il manifestarsi dei sintomi.

Quando questi neuroni sono in grado di inibire la scarica elettrica, il paziente non manifesta segni evidenti di una crisi convulsiva, che è però rilevabile con l’elettroencefalogramma (EEG).

In alcuni pazienti l’equilibrio tra focus epilettogeno e neuroni inibitori può rompersi a seguito di alterazioni  metaboliche quali ad esempio: ipoglicemia, ipossia, squilibri elettrolitici, ipertermia, in questi casi possono manifestarsi i sintomi della crisi convulsiva.

 

 

Le crisi convulsive possono essere distinte in:

  • crisi focali;
  • crisi convulsive parziali (semplici o complesse);
  • crisi convulsive generalizzate.

Le crisi convulsive focali, non sono rilevabili clinicamente, ma alterano l’elettroencefalogramma.

Le crisi convulsive parziali si distinguono in semplici o complesse, sono rilevabili clinicamente come contrazioni di alcuni gruppi muscolari, alterazioni del sensorio con o senza perdita di coscienza e dovute all’attivazione di una piccola area del prosencefalo alterata strutturalmente o di origine idiopatica.

Le semplici sono responsabili di un’attività contratturale della muscolatura scheletrica, mentre le complesse, oltre alla contrazione della muscolatura scheletrica, possono dare origine a crisi generalizzate e sono associate ad alterazioni comportamentali o della coscienza. Entrambe possono colpire un solo lato del paziente indicando così l’area coinvolta.

Le crisi convulsive generalizzate si manifestano con contrazioni della muscolatura scheletrica, perdita della stazione, movimento di pedalamento, dilatazione pupillare, perdita della coscienza, mandibola serrata, possibile scialorrea, perdita di urine e feci.

Le crisi possono durare pochi secondi o minuti; quando le crisi non manifestano segni di recupero, ma persistono (5 minuti o più) si definisce stato epilettico che può produrre lesioni neurologiche e necrosi dei tessuti nervosi. Lo stato epilettico può presentarsi anche come crisi convulsive di lunga durata intervallata da periodi di incoscienza.

Le crisi cosiddette a grappolo o cluster sono crisi convulsive che si ripetono nell’arco di 1-24 ore. Tra una crisi e la successiva il paziente ritorna a uno stato mentale e motorio normale con una fase “post ictale” (Vedi sotto), in alcuni casi il paziente può restare incosciente.

Lo stato epilettico necessita di cure immediate perché può compromettere le funzioni vitali impedendo una normale ventilazione e perfusione tessutale, le crisi convulsive possono talvolta essere gestite con terapie domiciliari.

Nelle crisi convulsive si distingue una fase pre ictale, o pre-crisi, durante la quale è possibile riscontrare alterazioni comportamentali e molto frequentemente agitazione con ricerca del proprietario e può durare da pochi secondi, a ore o addirittura giorni.

La fase ictale corrisponde alla crisi vera e propria con la comparsa della caratteristica sintomatologia.

La fase post ictale ha durata estremamente variabile da pochi minuti ad alcuni giorni può manifestare una sintomatologia molto varia, ad esempio: debolezza, disorientamento, paura, midriasi, cecità di origine centrale transitoria e polifagia.

 

Le cause delle crisi convulsive possono essere classificate in due grandi categorie: intra e extra craniche.

Le extracraniche sono in genere conseguenti a squilibri metabolici o patologie sistemiche che producono alterazioni dello stato elettro-fisiologico del tessuto cerebrale causando più frequentemente crisi convulsive generalizzate.

Possono essere dovute a:

  • accumulo di tossine (ad es. insufficienza epatica e renale);
  • disturbi metabolici (ad es. ipoglicemia, iperlipidemia, ipocalcemia, ipotiroidismo);
  • ipossia;
  • ipertermia;
  • intossicazioni (ad es.: teobromina, caffeina, organofosfati, piombo, stricnina);
  • parassiti intestinali.

Le patologie di origine intracranica, identificate come cause primarie sono:

  • patologie congenite (ad es. malformazioni);
  • neoplasie cerebrali;
  • processi infiammatori (ad es.: encefaliti);
  • degenerazione (ad es. da compromissione vascolare)
  • traumi.

I farmaci d’elezione di primo impiego nella terapia dello stato epilettico sono le benzodiazepine a rapida diffusione nel sistema nervoso centrale quali il diazepam o il midazolam.

Quando non è possibile avere un accesso vascolare è possibile somministrare le benzodiazepine  per via rettale.

I pazienti refrattari alla terapia con le benzodiazepine devono trattati con i barbiturici ( Es. fenobarbitale).

Oltre all’utilizzo di farmaci anticonvulsivanti è necessario controllare la temperatura, di fatto l’attività convulsiva può causare un drammatico aumento della temperatura basale (anche maggiore di 40,5°C).

Nei pazienti ipertermici  è necessario un intervento veterinario rapido. Nel frattempo è possibile bagnare con acqua fresca le estremità degli arti e, se necessario, usare anche un ventilatore, tale procedura deve essere effettuata fino al al raggiungimento dei 39,5°C (oltre può esservi rischio di ipotermia).

E’ sconsigliato l’utilizzo del ghiaccio a contatto con la superficie corporea per evitare la vasocostrizione locale che ostacola la termodispersione.

L’ipertermia può causare coagulazione intravasale disseminata, ipoglicemia, ipotensione, edema polmonare e compromissione della funzione cerebrale e vitale.

Il deficit della perfusione può essere conseguente all’ipertermia e allo shock distributivo; i pazienti devono essere strettamente monitorati e trattati con ossigenoterapia o ventilazione a pressione positiva.

Comunemente a seguito di una violenta attività convulsiva si verifica un’edema cerebrale che deve essere trattato tempestivamente.

Quando il paziente è stabile può essere impostata una terapia con fenobarbitale ed eventualmente con bromuro di potassio a discrezione del neurologo veterinario.

Il fenobarbitale è il barbiturico più utilizzato nelle sindromi convulsive sia nel cane che nel gatto, ha una lunga emivita e sono necessari 10-15 giorni per raggiungere un livello costante nel sangue; la fenobarbitalemia deve essere mantenuta in un intervallo di 15-45 mcg/ml.

La dose di barbiturico può essere ridotta quando lo si associa alla somministrazione di bromuro di potassio in quanto potenzia l’effetto del fenobarbitale senza gravare sulla funzionalità epatica poichè è escreto per via renale; possiede una lunga emivita lunga e sono necessari 120 giorni per raggiungere un livello costante ematico.

Altri anticonvulsivanti utilizzati sono il gabapentin, il pregabalin e la zonisamide.