La pancreatite felina è una vera e propria sfida diagnostica e terapeutica.
I sintomi clinici più frequenti sono letargia (100%) e parziale o completa anoressia (97%), raramente si manifestano vomito (35%) e dissenteria (15%).
Nonostante siano numerosi gli stimoli ipotizzati per lo sviluppo di pancreatite felina, una reale causa di solito non è evidente, per cui frequentemente si definisce idiopatica (ovvero senza una causa definita).
In corso di pancreatite le complicanze possono essere molteplici, tra cui diabete mellito, sindrome da risposta infiammatoria sistemica (SIRS), insufficienza renale acuta (IRA), coagulazione intravascolare disseminata (DIC), aritmie, ostruzione del dotto biliare, coagulopatie vitamina K responsive, lipidosi epatica (HL), ipopotassiemia, edema polmonare, acute lung injury (ALI), acute respiratory distress syndrome (ARDS) fino alla multiple organ dysfunction syndrome (MODS).
Si ritiene inoltre che la pancreatite possa progredire in pancreatite cronica (PC) e insufficienza pancreatica esocrina (EPI).
I risultati degli esami emocromocitometri, biochimici ed urinari in corso di PA sono aspecifici. Il paziente può quindi presentare una vasta gamma di anormalità ematologiche, influenzate soprattutto dalla presenza di stati patologici concomitanti.
Importante notare come il riscontro di leucopenia o di ipocalcemia ionica siano associati ad una peggiore prognosi.
La misurazione della fPLI-Specifica sierica è il più sensibile (79%-100%) e specifico (67-100%) marker disponibile per la pancreatite acuta felina.
L’fPLI-Specifica è un test quantitativo e valori > 5,3 µg/L sono indicativi di pancreatite, mentre valori compresi tra 3,5-5,3 µg/L sono considerati di dubbia valutazione. Oggi è disponibile un test SNAP (rapido) fPLI semi-quantitativo in cui un risultato positivo allo SNAP indica un fPLI > 3.5 µg/L.
Nonostante l’esame radiografico addominale (Rx-A) in corso di PA spesso mostri un quadro aspecifico, è comunque utile per escludere altre malattie con sintomatologia simile.
L’ecografia addominale (Eco-A) è un utile strumento per diagnosticare, escludere o rilevare PA ed ulteriori processi patologici concomitanti. Pancreas ipoecogeno, mesentere iperecogeno e versamento addominale sono relativamente specifici per pancreatite, tuttavia neoplasie ed altre alterazioni pancreatiche possono dare un quadro simile.
Il gold-standard per diagnosticare ante-mortem la pancreatite nel gatto è l’istopatologia, tuttavia molti gatti con PA non sono dei buoni canditati per l’anestesia che tale procedura richiede. Il prelievo tramite ago-aspirato (FNA) eco-guidato è un esame mini-invasivo e il conseguente esame citologico può essere un’alternativa all’istopatologia pur non essendoci studi sulla sua sensibilità e specificità.
Non esiste un sistema di classificazione universalmente riconosciuto per definire la gravità della pancreatite. Quest’ultima viene ancora stimata sulla base dell’evidenza clinica, laboratoristica e sulla presenza di complicanze, considerando tutto in un unico quadro d’insieme.
Il fondamento della terapia dei gatti con grave pancreatite è il mantenimento dell’equilibrio idrico ed elettrolitico.
La maggior parte di questi pazienti non tollera l’alimentazione intragastrica ed è necessario ricorrere all’applicazione di un sondino.
La somministrazione di antibiotici viene attuata a scopo profilattico, in particolare se il paziente presenta febbre o mostra alterazioni tossiche dell’emogramma. La terapia antiemetica è indicata se il vomito è persistente e possono essere utili anche gli agenti procinetici come la metoclopramide in infusione continua, fondamentale è inoltra una buona terapia antidolorifica per migliorare la compliance del paziente.
In tutti gli animali con pancreatite si raccomanda la protezione della mucosa gastrica con H2-bloccanti.
Per correggere la grave ipoalbuminemia e garantire una fonte di fattori della coagulazione, antitrombina III ed inibitori delle proteasi, si può ricorrere alla trasfusione di sangue intero o plasma.
Le percentuali di sopravvivenza a questa patologia sono sconosciute, perché la diagnosi in vita risulta difficile. Tuttavia, nei gatti con pancreatite acuta e lipidosi epatica concomitanti la prognosi è molto più sfavorevole rispetto a quelli in cui la lipidosi epatica è presente da sola.
Una recente indagine ha determinato che la percentuale di sopravvivenza dei gatti con pancreatite e lipidosi epatica concomitante è pari al 20%, mentre in quelli senza pancreatite è del 50%.